giovedì 9 giugno 2011

197-La Fata del sorriso

È regola che le creature del bosco abitino nel bosco, e che gli abitanti della grande città abitino in città!

E invece se c 'è una regola c 'è sempre l' eccezione che possa confermarla.

Spinto dalla mia inefrenabile curiosità, mi sono addentrato tra le vie della città. Niente di nuovo, soliti musi lunghi, movimenti veloci e frenetici, ma, come un fulmine a ciel sereno, tra tanto grigiore un raggio di sole, una nota di colore.

Era una abitante della città, ma il suo sorriso e la luce nei suoi occhi erano di quelli che appartengono solo alle fate più belle.

È lei che si avvicina a me, è lei che mi strizza un occhio e mi sussurra "ciao folletto".

Impossibile : i cittadini non possono vedere noi piccole creature del bosco.

Ben interpretando la mia espressione stupita (e forse anche un pò stupida) continua "sono dei vostri, ma sono stata trattenuta in città per molto tempo. Mi sono adattata . . . Ma adesso ho ritrovato la libertà e me la godo," . . .

"posso chiederti un favore? ".

Non riuscivo a proferir parola, abbozzai un timido "certo . . . "

"Vorrei vedere una volta la città dall 'alto, da un luogo pulito ed incontaminato ".

Le strinsi la mano, chiesi aiuto al mio amico vento ed in un batter di ali ci ritrovammo sulla mia collinetta preferita.

Prati, alberi, fiori ed una vista sui tetti della città da togliere il fiato . . .

Peccato che non avevo fatto i conti con il sole che ultimamente ho scoperto essere più permaloso di un bambino capriccioso (ma questa è un altra storia che un giorno racconterò).

Nascosto dietro le nubi si era fatto sostituire da una pioggia insistente e tutto intorno a noi era incolore e malinconico.

Nonostante questo la mia inaspettata quanto gradita compagna di viaggio sembrava vedere oltre quella fastidiosa nebbia di umidità ed avevo come l'impressione di avere accanto una bambina che per la prima volta vede un nuovo gioco.

Mai, nemmeno per un attimo, il sorriso abbandonò il suo volto.

Mai i suoi occhi persero quella brillantezza che mi aveva colpito fin dal primo momento.

Tutte le cose però, specialmente quelle belle, hanno una fine, giunse il momento di dover tornare in città.

Un altro soffio del vento e, velocemente come eravamo arrivati, ci ritrovammo nuovamente nel luogo di partenza.

Un saluto, e, prima di mescolarsi alla folla, mi rivolge un ultimo, grande, sorriso ed un sussurro “grazie folletto, scusa se ti ho fatto perdere un po’ del tuo tempo”.

Io non ricordo bene per quanto il mio dito ha toccato il cielo, può essere stata una frazione di secondo un lampo, oppure minuti, ore, di una cosa sono certo, tanto o poco non è stato tempo perso.

Prego, Fatina!

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